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Salvatore Bacile di Castiglione. Un nomade salentino nell’Inghilterra vittoriana

Il recente volume di Federica Troisi, Salvatore Bacile di Castiglione. Un nomade salentino nell’Inghilterra vittoriana, risponde al grande interesse odierno nei confronti dei rapporti interculturali e della letteratura odeporica in quanto occasione di conoscenza, di incontro con l’altro e accrescimento culturale. Il lavoro di Troisi si raccomanda, oltre che per il suo stile agile e raffinato insieme, per almeno due motivi: l’aver portato a conoscenza di un più vasto pubblico di lettori una personalità anticonvenzionale ed eclettica come Salvatore Bacile, pittore e letterato oltre che instancabile viaggiatore, e la direzione, per così dire, dell’indagine, nel senso che se innumerevoli sono i diari e le note di viaggio degli stranieri che si spingevano verso l’Italia e costante l’attenzione dedicata loro negli ultimi anni dagli studiosi, non altrettanto numerosi e comunque meno noti sono i viaggiatori che dal Sud d’Italia si spingevano verso il Nord d’Europa, quando non si trattava di esuli politici. La prospettiva adottata sollecita, fra l’altro, un approfondimento della dialettica fra periferia e centro, fra un Sud marginalizzato, o rappresentato come tale, e la realtà europea avviata a grandi passi verso la modernizzazione.

Troisi è affermata studiosa di letteratura inglese e dei suoi rapporti con l’Italia, in particolare con la Puglia, e questo suo lavoro non è certo frutto di improvvisazione o di ossequio alla moda, ma si vale di una competenza acquisita negli anni e sostenuta da grande curiosità intellettuale. Il libro è articolato in due capitoli, “L’Italia e il Grand Tour” e “Salvatore Bacile: un nobile salentino nell’Inghilterra vittoriana”, seguiti da una “Antologia” che è un’accurata ristampa di una selezione di scritti del nobile di Spongano, nel Salento meridionale, risultato di una sua intensa esperienza di viaggio in Gran Bretagna . Le sue annotazioni di viaggio (pubblicate nel 1896 da Valdemaro Vecchi in Vita Nomade) presentano, sottolinea l’autrice, aspetti originali e innovativi, soprattutto in considerazione dell’epoca della loro stesura e della provenienza dell’estensore, figlio del ‘profondo Sud’.

Il primo capitolo del libro riprende il tema del tour sette-ottocentesco in Italia, grande riserva culturale e meta prediletta dei viaggiatori d’oltralpe per i quali la penisola finiva quasi sempre a Napoli e includeva al massimo la Sicilia dove giungevano scegliendo la via del mare. Solo eccezionalmente si attraversava l’impervia Calabria e la Puglia rimaneva immancabilmente ai margini dei ‘beaten tracks’, degli itinerari solitamente battuti. Tanto più significativa appare pertanto l’esperienza di viaggio di una donna, Janet Ross, cui Troisi dedica pagine significative. Appassionata studiosa degli svevi, la Ross si spinse, a Ottocento inoltrato, fino in Puglia e pubblicò nel 1889 (nel 1899 in italiano) uno dei suoi testi più conosciuti, Land of Manfred/La terra di Manfredi, dedicato all’amico e compagno di viaggio Sir James Lacaita, patriota liberale originario di Manduria. Ross rivela un’insolita sensibilità e capacità di superare il rigetto culturale e gli stereotipi vigenti nei confronti del Meridione, il ‘paradiso abitato da diavoli’ di crociana memoria.

Il secondo capitolo illustra la vicenda umana, familiare e artistica del primogenito del barone Filippo Bacile, diseredato dalla famiglia per le sue idee. Salvatore ─ scrive Troisi ─ “visse sempre al di fuori di ogni convenzione tradizionale tanto da intuire, con largo anticipo sui tempi, l’imminente svolta socio-economica verso la modernità”.

L’impatto in loco con l’alterità rappresentata dai più evoluti paesi europei e dall’Inghilterra in particolare, è fra le ragioni dell’interesse e del fascino delle sue note. Come quando riflette sui misteri della notte a Londra e sui suoi parchi, non mancando di cogliere le contraddizioni, il degrado e l’abbrutimento che si celano sotto lo sfavillio delle luci, o scopre “I monti e i laghi della Scozia”, dove la consapevolezza della aleggiante presenza di personalità letterarie come Byron e Scott si accompagna ad osservazioni di carattere economico-sociale. Le sue acute riflessioni, che, dal punto di vista del pittore allievo a Napoli di Domenico Morelli, “trovano riscontro nella sua adesione al ‘vero’ dei ‘macchiaioli’ ” e sembrano intessere un dialogo a distanza col barlettano De Nittis, fanno di Bacile ─ come scrive l’autrice ─ “un antesignano del pensiero italiano sul Mezzogiorno (la questione meridionale)”.

Pregio non ultimo del lavoro di Federica Troisi è il suo apparato iconografico ─ fotografie e dipinti che impreziosiscono il volume e mettono in luce anche le “qualità di fine paesaggista” di Salvatore Bacile.